[Topi_di_biblioteca] un topo se ne va
giovanna mori
giogiomori a gmail.com
Mar 1 Nov 2016 21:24:02 CET
Cara Federico
pensavo che le dodici ore al k. fossero ormai tue ed ero tranquilla. Invece no. Le tue parole interpretano pienamente amarezza e sconforto che anch'io provo. Solo chi nella scuola crede, investe ed elargisce quotidianamente tante energie può capire la fatica che un insegnante mette in campo per agganciare studenti che non hanno più fiducia negli adulti. Con perseveranza noi lavoriamo per costruire ponti, assorbiamo potenti bordate, le metabolizziamo a fatica, facendo un enorme lavoro anche su noi stessi. Dopo qualche mese, quattro, cinque, a volte anche di più, cominciamo a sentire che la relazione si scioglie e che quegli studenti cominciano a ritrovare un interlocutore. Spiragli di luce per loro, per noi enorme appagamento e felicità .
Perché buttare al vento tanta fatica, perché togliere ai ragazzi ulteriore speranza ?
Come si fa a non capire che cosa sta alla base di un percorso educativo ?
Che disastro !
A qualcuno piace giocare ai quattro cantoni, non rendendosi conto che la scuola è l'ultima rete di protezione esistente a livello sociale .
Ho sempre visto nei tuoi occhi e nel tuo agire una forza trainante per gli studenti, ma anche per noi colleghi ed il fatto di non averti più tra noi, ci scompensa. Abbiamo bisogno di supporto reciproco, di condividere un credo comune, forte, che ci galvanizzi per affrontare l'importante compito che tutte le mattine ci attende.
Caro Federico spero di averti ancora con noi in futuro e soprattutto di mantenere con te un legame di amicizia e frequentazione .
Ti abbraccio
Giovanna
Inviato da iPad
> Il giorno 28 ott 2016, alle ore 13:33, federico pellizzi <federico.pellizzi a unibo.it> ha scritto:
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> Cari amici,
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> purtroppo ho saputo ieri sera, per puro caso, dalla Renata (l'ho incontrata al bar), che ho perso il posto al Kandinsky. E' in fondo per me la solita storia. La conosco. Tuttavia ogni volta penso a chi ha permesso che un sistema simile possa essere applicato (e ben prima di Renzi, suvvia). Penso a tutti i colpevoli di questo suicidio della scuola pubblica. Non posso fare a meno di pensare a quello che i miei studenti penseranno della scuola, di me, e del mio successore. E dei dirigenti, e dei governanti, e degli adulti in generale. Un danno peggiore del terremoto, nelle coscienze, nella stima e nell'autostima, che sono strettamente correlate. Sono profondamente avvilito, come persona, come insegnante, come padre e come educatore.
>
> Se ne ho agganciato qualcuno, e sono convinto di averne agganciati, so che sarà difficile recuperarli, perché vedono che qualsiasi punto di riferimento è un nulla, un fuoco fatuo, che scompare con una convocazione; e la relazione umana, il guardarsi negli occhi e capirsi nel tempo, nell'impegno comune, nel costruire pensiero critico e convincimenti comuni crolla come una chiesetta medievale a Norcia. Tutto quello che di nuovo, di utile, di serio vogliamo costruire diventa una risata grottesca, una sigla, un pon, ptof, quoz, cuoz, caz, che mi sembra la fontana malata. Comunque non smetto, e mi considero sempre e comunque un kandiskiano.
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> Un bacio a tutti
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> Federico
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